Quando sparì la Statua di Marco Aurelio da Piazza del Campidoglio

Dal 1981 al 1997 la piazza fu privata della statua simbolo di Roma

La Statua di Marco Aurelio si trovava al centro della piazza del Campidoglio dal 1538. La piazza era stata disegnata da Michelangelo proprio per darle massimo risalto. Ma l’esposizione della statua per secoli agli agenti atmosferici la stava deteriorando, gravi processi corrosivi in atto mettevano a rischio il monumento, in particolare a causa delle fessure sulle zampe. A partire dal 1981 fino al 1988 la statua fu sottoposta a restauro.

L’8 gennaio 1981 il cavaliere fu rimosso dal basamento michelangiolesco e il 17 il monumento fu trasferito presso il laboratorio dell’Istituto Centrale per il Restauro. L’intervento conservativo, in assenza di procedure ordinarie consolidate, ha permesso un grande sviluppo delle tecniche d’indagine e un’innovazione tecnologica della strumentazione disponibile.

Dopo una lunga e accurata fase di studi preliminari, mirati a definire lo stato di conservazione e le modalità di intervento sul manufatto bronzeo, le operazioni di restauro si sono concluse alla fine del 1988, aprendo una nuova fase per la vita del monumento equestre. La fragilità strutturale e superficiale della materia ha portato all’attenzione di tutti il tema della protezione dei capolavori non musealizzati.

Fu subito chiaro che un’adeguata tutela del bronzo antico sarebbe stata possibile solo a condizione che fossero escluse tutte le sollecitazioni termiche e meccaniche che derivano da un’esposizione all’aperto.

Il desiderio di rivedere la statua bronzea al centro della piazza del Campidoglio era naturalmente unanime, ma responsabilmente fu scelto il male minore.

La collocazione provvisoria in uno spazio chiuso in condizioni ambientali controllate rappresentava la sola scelta in grado di soddisfare adeguatamente l’esigenza di preservare e nel contempo rendere fruibile un manufatto unico e prezioso come la statua equestre di Marco Aurelio.

L’11 aprile 1990 il monumento è tornato in Campidoglio ed è stato collocato nel cortile del Museo Capitolino, in un ambiente climatizzato appositamente chiuso da una vetrata. Il recupero dell’unità monumentale del progetto michelangiolesco è stata fin dall’inizio una preoccupazione primaria.

Fu deciso, quindi, di predisporre una copia dell’originale. Non è stato possibile per motivi diversi adottare le due tecniche tradizionali del calco diretto o della riproduzione per punti mediante il compasso o il pantografo: nel primo caso per la fragilità della doratura residua unitamente alla sua scarsa adesione al bronzo, nel secondo caso per la difficoltà di riprodurre fedelmente tutte le peculiarità del modellato plastico, sommatesi come in un palinsesto nel corso della lunga storia del monumento. Per eseguire la riproduzione della statua bronzea si è fatto ricorso, quindi, al procedimento indiretto, che prevede la ricostruzione della forma geometrica secondo un modello numerico ottenuto tramite il rilievo ‘fotogrammetrico’ e l’integrazione manuale della “pelle” con tecniche artigianali.

Nel 1997 i tecnici della Zecca dello Stato hanno completato la copia bronzea, che il 19 aprile dello stesso anno è stata eretta sul basamento al centro della piazza Capitolina.

Parallelamente alla realizzazione della copia, è stato affrontato il problema della musealizzazione dell’originale in un ambiente più idoneo rispetto a quello provvisorio, individuando un luogo adatto per dimensioni e per dignità nell’ambito dei Musei Capitolini, la cui ristrutturazione e realizzato, insieme ai dispositivi di ancoraggio della statua, dal Centro di Ricerca Scienza e Tecnica per la Conservazione del Patrimonio Storico-Architettonico dell’Università di Roma “La Sapienza” (CISTeC), è stato ideato nel segno della discontinuità rispetto al piedistallo michelangiolesco, sia per evitare un improponibile confronto sia per sottolineare la differenza tra l’originaria collocazione all’aperto del monumento equestre e la sua attuale musealizzazione.

È superfluo ricordare che la realizzazione del nuovo padiglione, che ha tenuto conto della presenza dei resti monumentali del Tempio di Giove Capitolino, non offre soltanto una soluzione specifica e definitiva al problema della statua bronzea di Marco Aurelio, ma costituisce la punta di diamante – paragonabile ad altri grandi interventi museografici delle capitali europee – nel programma di riqualificazione complessiva dei Musei Capitolini e dell’intero Campidoglio.

Fonte:Musei Capitolini Guida – Comune di Roma, Assessorato alle Politiche culturali, Sopraintendenza ai Beni Culturali – Nuova edizione ampliata 2006 – Mondadori Electa Spa – pagina 129

Anche durante la seconda guerra mondiale la statua di Marco Aurelio venne rimossa dal piedistallo per essere protetta dai bombardamenti e preservata.

Curiosità: nel 1983 il grande regista russo Andrei Tarkovsky girò una delle scene finali del suo film “Nostalghia” proprio in piazza del Campidoglio. Il bellissimo monologo finale di Domenico (personaggio emblematico che si muove tra la pazzia e la profezia) viene fatto proprio a cavallo della statua di Marco Aurelio, naturalmente una copia perché quell’anno l’originale era già stata trasferito per il restauro.

La leggenda della Civetta

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Secondo un’antica leggenda sulla testa del cavallo si troverebbe appollaiata una civetta, simbolo di sapienza profetica. Quando la statua tornerà a risplendere del suo colore dorato, la civetta griderà annunciando la fine del mondo.

Quando fu realizzata la copia della statua equestre da esporre in Piazza del Campidoglio, i superstiziosi potevano temere che il gemello del Marco Aurelio potesse splendere nella sua nuova doratura, e quindi “scoprire in oro”, e far avverare la profezia. Ciò non è avvenuto perché la doratura poteva ottenersi solo usando mercurio, sostanza altamente inquinante. Questa idea fu quindi scartata e la civetta è ancora lì…

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