Buona ventura

Lo sguardo seducente della zingara ed il giovane cavaliere

Pinacoteca dei Musei Capitolini

A pochi anni dall’esecuzione di questo soggetto, collocato dalla letteratura artistica moderna intorno al 1593-1594 e riferito alla committenza di monsignor Petrignani presso il quale Caravaggio nel 1595 aveva trovato “la commodità di una stanza”, Giulio Mancini, uno dei biografi di Caravaggio, riteneva che “di questa scuola non credo che si sia visto cosa con più grazia et affetto che quella zingara che dà la buona ventura a quel giovanotto […] del Caravaggio”.
Con queste parole Mancini introduceva alla vasta fortuna critica del dipinto che, insieme ai Bari, costituisce uno dei soggetti che furono più volte copiati e reinterpretati sia nel corso del Seicento che successivamente.

I due quadri costituiscono la prima affermazione di quel linguaggio rivoluzionario che Caravaggio andava professando a Roma negli anni successivi all’attività presso il Cavalier d’Arpino.
Il dipinto fu acquistato dal cardinale Francesco Maria Del Monte che accolse l’artista nel proprio palazzo e divenne uno dei suoi più fedeli protettori.

Il cardinale apprezzò il soggetto tratto dalla vita di strada del tempo, ma seppe anche comprendere la raffinata trasposizione del gioco di sguardi ed espressioni tra la giovane zingara che nel leggere la mano al cavaliere, intento a seguire le parole della donna, gli sfila l’anello.

Fonte: Caravaggio – I classici dell’arte – pagina 76 – Rizzoli Skira edizione 2003

Quella polemica alla morale del tempo che tanta fortuna portò a Caravaggio

Sono anni di miseria per Caravaggio e sono anche gli anni in cui Clemente VIII Aldobrandini, il papa eletto nel 1592, con una violenta sterzata repressiva aveva deciso di ripulire la vita di strada a Roma. Nei giorni immediatamente successivi all’elevazione, il nuovo papa bandì il duello e il possesso delle armi, e prese serie misure contro il carnevale, il gioco delle carte e dei dadi, fece espellere vagabondi, mendicanti, delinquenti e zingari dalla città e promosse il divieto di aggregazione perfino di piccoli gruppi di persone. La prostituzione venne posta fuori legge al pari dell’omosessualità e fu promosso un preciso codice di abbigliamento che esigeva, dai prelati come dalle cortigiane, di indossare sopra le vesti un’ulteriore camicia dalle lunghe maniche: nera per i preti e gialla per le prostitute. Tutte queste misure interessarono direttamente la vita di strada romana del tempo, con le sue osterie, le sue botteghe e i campi di pallacorda, nella quale Caravaggio non solo viveva, ma della quale subito divenne il più accorto interprete e cronista.

Con la Buona ventura e con I bari, eseguiti in questi anni, Caravaggio elevò la rappresentazione di quel mondo al livello di quello che all’epoca era riconosciuto il più alto grado morale e intellettuale della pittura, quella definita “di storia”, ovvero quella che nella rappresentazione di nobili azioni storiche o religiose evocava esempi di virtù e bellezza.

Furono proprio i due dipinti, in cui la vita della strada era raffigurata e tradotta con assoluta fedeltà al “vero”, che gli aprirono le porte dei palazzi degli aristocratici romani togliendolo dall’indigenza che lo aveva portato a vendere per soli otto scudi uno dei quadri che in seguito saranno tra i più acclamati. E ancora furono proprio la Buona ventura e I bari a divenire i suoi dipinti più volte replicati e copiati da seguaci e imitatori non solo nel periodo in cui visse, ma anche nei secoli successivi.

Fonte: Caravaggio – I classici dell’arte – pagina 34 – Rizzoli Skira edizione 2003

Roma Musei Capitolini
Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610)
Buona Ventura, 1597
olio su tela, cm 115 x 150

E’ un’opera giovanile, che si trovava nella collezione del Cardinale Francesco Maria del Monte. Il dipinto è un importante esempio delle novità dirompenti introdotte in pittura da Caravaggio. Raffigura un episodio di vita quotidiana cui sembra di poter assistere in un giorno qualunque inoltrandosi tra i vicoli e le piazze della Roma di fine Cinquecento.
Partendo dal fondo della tela Caravaggio costruisce uno spazio indefinito ma reso reale dalla luce naturale che invadendo il campo pittorico costruisce forme e volumi. I personaggi, una zingara e un giovane cavaliere, sono modelli viventi, vestiti con abiti contemporanei, tratti dall’osservazione del vero. Tuttavia, il soggetto dell’opera non è solo ciò che si vede: la giovane e seducente zingara, con il pretesto di leggere il futuro al cavaliere, gli prende la mano e con un gesto rapido gli sfila l’anello dall’anulare destro, dunque un chiaro monito a non farsi ingannare e a non cedere alla seduzione dei falsi profeti.

Seppellimento di Santa Petronilla

La leggendaria figlia di San Pietro Pinacoteca dei Musei Capitolini Santa Petronilla era stata una martire dei primi tempi del Cristianesimo, ritenuta – ma si tratta di una leggenda – la figlia dell’apostolo Pietro. Nel…

San Giovanni Battista

Umanizzare il divino, divinizzare l’umano Il dipinto raffigura un giovane completamente nudo, adagiato su una pelle di animale e su panni bianchi e rossi, mentre abbraccia felice un ariete e sorride girandosi verso lo spettatore.…

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora