I Nazareni a Roma

Nel luglio del 1809 un gruppo di allievi dell’Accademia di Vienna e dell’Accademia di Belle Arti di Copenaghen si raccolse, sotto la guida di Johann Friedrich Overbeck (1789-1869) e di Franz Pforr (1788-1812), nella lega di San Luca (Lukasbund), un sodalizio fondato sul modello delle confraternite religiose, il cui scopo era quello di ricondurre l’arte “sulla via della verità” seguendo l’esempio degli antichi maestri. Questi artisti si ribellavano principalmente al metodo d’insegnamento accademico basato sull’imitazione e sulla copia di opere celebri e dei calchi in gesso.

Animati da un profondo fervore spirituale, e stimolati dalle teorie sull’arte di Wilhelm Heinrich Wackenroder (1773-1798), dei fratelli Schlegel (in particolare Friedrich, 1772-1829), e di Friedrich Schiller (1759-1805), nel 1810 i giovani pittori tedeschi giunsero a Roma e si riunirono in confraternita nel convento abbandonato di S. Isidoro a Capo le case.

Altri presero probabilmente in affitto alcune camere nella vicina Villa Malta, all’epoca proprietà del principe ereditario, poi re, Ludwig di Baviera (1786-1868) e punto d’incontro di artisti e intellettuali del tempo.

La magrezza, i capelli spesso lunghi e la dottrina ideologica che li caratterizzava valsero loro, sulla scia della visione sentimentale dell’epoca, l’appellativo di Nazareni, in evidente allusione a Cristo.

La rivalutazione romantica del Medioevo cristiano fu d’altronde alla base del loro rinnovamento artistico ispirato ai cosiddetti “primitivi”: Giotto, Masaccio, Beata Angelico, Signorelli e ai grandi pittori del primo Rinascimento quali Perugino, Raffaello, Michelangelo. A questi aggiunsero anche la conoscenza di Dürer, van Eyck, di manieristi come Taddeo Zuccari e dei grandi paesaggisti del 600, fino ad arrivare all’ariosa pittura di Tiepolo, passando per il Veronese.

Sebbene non siano del tutto chiare le motivazioni che spinsero Carlo Massimo ad affidare la decorazione della sua dimora a pittori tedeschi, all’epoca già conosciuti e apprezzati a Roma per aver affrescato una sala di Palazzo Zuccari, residenza del console prussiano Bartholdy, la presenza degli artisti mitteleuropei in casa Massimo si inserisce perfettamente nella temperie culturale della Roma internazionale d’inizio Ottocento.

Del resto il marchese potrebbe essere entrato in contatto con i Nazareni tramite altri artisti dell’Europa centro-settentrionale all’epoca residenti a Roma, quali Bertel Thorvaldsen (1770-1844), Johann Christian Reinhart (1761-1847), Ernst Platner (1773-1855), peraltro assidui frequentatori dei salotti della Roma nobiliare.

Ancora potrebbero essersi rivelate determinanti, anche in virtù delle loro origini, le figure di Cristina di Sassonia, sposata con un Massimo, e di Ludwig di Baviera, per giustificare l’affidamento ai pittori tedeschi di una delle più prestigiose commissioni della Roma di quegli anni: la decorazione del Casino lateranense.
Non bisognerà infine dimenticare il presunto ruolo avuto nella committenza dallo scultore veneto Antonio Canova (1757-1822) il quale, già nel 1815, nella sua importante impresa decorativa delle lunette della Galleria Chiaramonti in Vaticano aveva coinvolto il nazareno Philipp Veit (1793-1877) e il tedesco Johann Karl Eggers (1787-1863), affiancandoli a un gruppo di artisti italiani, tra cui Giovanni Colombo (1784 ca.-1853) l’unico pittore straniero ad essere ammesso nella cerchia dei Nazareni.

Fonte: Monica Minati “Il Casino Giustiniani Massimo al Laterano” ETS edizioni terra santa 2014 pp 38-39

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